Un Anno Fa…Pagelle Vuelta a España 2018: Yates non sbaglia niente, la Movistar quasi tutto – Mas sorprende, De La Cruz Delude | Tra gli italiani tanto sudore – De Marchi e Viviani a portare gloria
Simon Yates (Mitchelton-Scott), 10 e lode: Il britannico fa tesoro della cocente esperienza al Giro per stavolta far fruttare al meglio una gamba che sin dall’inizio appare ottima. Senza voler strafare, quasi mordendo il freno inizialmente, con il passare dei giorni e delle tappe emerge e tira fuori tutta la sua potenza. Oltre ad una maglia rossa raramente in pericolo si porta a casa anche una bella tappa, correndo da padrone, in pieno controllo e spesso dominio. Dalla sconfitta è uscito ancora più forte.
Enric Mas (Quick-Step Floors), 9,5: La formazione belga lo porta dandogli carta bianca, che lo spagnolo sfrutta al meglio per disegnare un piccolo grande capolavoro. Solo non appena la strada sale, non si lascia avvilire e se la gioca a viso aperto con i big, crescendo con il passare dei giorni sino a vincere la tappa più temuta e salire così in seconda posizione. A 23 anni, il futuro del ciclismo spagnolo si fa sempre più presente.
Miguel Angel Lopez (Movistar), 9: Secondo podio consecutivo nello stesso anno in un GT per il colombiano che non sembra mai al pieno delle sue potenzialità, ma riesce comunque a fare male correndo con coraggio e determinazione fino al bel risultato finale. Classe 1994, riempie pienamente il suo obiettivo, confermandosi tra i più forti al mondo.
Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), 8,5: Due vittorie di tappa correndo con coraggio e intelligenza. A Madrid chiude in sesta posizione, che sarebbe potuta essere nettamente migliore se non avesse avuto problemi non dipendenti da lui nei momenti meno opportuni. Come detto da lui stesso, forse il suo miglior grande giro della carriera per consistenza e regolarità, oltre che risultato complessivo.
Alejandro Valverde (Movistar), 8,5: Nelle ultime due tappe di montagna cede prima le speranze di vittoria, poi di podio, fino a chiudere quinto. Restano comunque le due vittorie di tappa: a 38 anni, alla vigilia avrebbe indubbiamente firmato per questo bilancio. Il calo è leggermente preoccupante in vista del Mondiale, ma neanche più di tanto considerando che ha due settimane per smaltire le fatiche e mantenere la forma giusta.
Elia Viviani (Quick-Step Floors), 8,5: L’errore corale a San Javier ci può anche stare, meno quello a Lleida, ma quando si vincono tre tappe nel modo in cui ci è riuscito il campione italiano tutto il resto son chiacchiere. Tre successi straordinari per il veronese che porta così a 18 le vittorie di una stagione straordinaria.
Steven Kruijswijk (LottoNL-Jumbo), 8: Tra gli uomini di classifica del Tour de France è colui che fa meglio di tutti, chiudendo con un quarto posto che ne conferma la ritrovata competitività dopo una stagione difficile. Ha inoltre anche il merito di correre con piglio e aggressività che non tutti hanno dimostrato di avere.
Ben King (Dimension Data), 8: Due vittorie di tappa nella prima settimana bastano per mostrare a tutti il suo talento che sinora aveva fatto fatica ad emergere. In seguito si vede poco, ma ormai la sua corsa era già ampiamente un successo.
Adam Yates (Mitchelton-Scott), 7,5: Corsa in crescendo per il gemello del vincitore, al quale si sacrifica completamente dimostrandosi di assoluto livello anche lui, con una ultima settimana di grande efficacia. Come lui preziosissimi per il capitano anche elementi come Jack Haig (7,5), a lungo ultimo uomo, Damien Howson (7) e Michael Albasini (7), votati al sacrificio completo.
Alessandro De Marchi (BMC), 7,5: Vince e convince ampiamente. Tra i corridori più aggressivi di questa edizione, il Rosso di Buja va in fuga praticamente dal primo all’ultimo giorno, senza mai esitare a prendere vento in faccia, anche in favore dei compagni. Se c’è uno sicuro della convocazione Mondiale ora è lui.
Dylan Teuns (BMC), 7,5: Lui non vince, ma convince eccome. Più volte all’attacco anche lui, spesso assieme al compagno, sfiora più volte il successo, trovando purtroppo per lui regolarmente qualcuno più forte quel giorno, forse peccando anche un po’ di generosità in alcune occasioni. Ma corridori così rendono la corsa più emozionante, su questo non ci son dubbi.
Alexandre Geniez (Ag2r La Mondiale), 7,5: Un altro dei più coraggiosi, il francese riesce a portarsi a casa il suo terzo successo in carriera alla Vuelta provando spesso e volentieri l’azione da lontano.
Rohan Dennis (BMC), 7,5: Due vittorie in altrettante tappe a sua disposizione. L’australiano è implacabile e indomabile contro il tempo, candidandosi a grande favorito per la prova iridata. Comprensibile, ma sempre un po’ deludente, il suo ritiro in ottica mondiale.
Tony Gallopin (Ag2r La Mondiale), 7,5: Una splendida vittoria di tappa e una costante lotta per la classifica che lo vede chiudere a ridosso della top ten, a conferma di un talento completo, che può sempre lasciare il segno. Fare alta classifica forse non è per lui, ma la grinta non gli manca per supplire dove il fisico non arriva.
Bauke Mollema (Trek-Segafredo), 7,5: Tra i grandi animatori della corsa, fin dalle prime tappe si lascia sfilare per godere di maggiore libertà nelle fughe in cui poi lo ritroviamo regolarmente. È un altro di coloro che restano con le pive nel sacco, chiudendo due volte secondo, ma non si arrende e continua a provarci con grande coraggio.
Nacer Bouhanni (Cofidis), 7,5: Dopo una stagione difficile anche questa Vuelta sembra votata al disastro correndo la quinta tappa davanti al camion balais, sfiorando il ritiro. Nelle polemiche vince la sesta tappa, dimostrando il carattere che gli si chiede di avere, anche se poi il corpo lo abbandona di nuovo e deve ritirarsi. Ma intanto la missione era già compiuta, tornando dopo quattro anni al successo in un GT.
Peter Sagan (Bora-hansgrohe), 7: Vuelta all’insegna del secondo posto per il campione del mondo che all’ultima apparizione con la maglia iridata non riesce mai a trovare la giornata giusta, con la beffa di Gallopin e Wallays che bruciano più per demeriti della squadra che suoi.
Simon Clarke (EF-Drapac), 7: Tante fughe, tanta generosità e una vittoria di tappa per l’australiano, che conferma qualità preziose per una squadra che in lui trova un tuttofare da non sottovalutare mai.
Oscar Rodriguez (Euskadi Murias), 7: Grande sorpresa a La Covatilla mettendo la ciliegina sulla torta per una formazione senza grandi nomi, ma che fa della grinta, della determinazione e del coraggio le sue caratteristiche migliori. Nel puro spirito basco.
Rudy Molard (Groupama-FDJ), 7: Non vince nessuna tappa, ma il suo successo è la maglia rossa che indossa per quattro giorni continuando poi una buona e generosa prova che lo porta a concludere la corsa in 14ª posizione. A 28 anni si dimostra nel pieno delle sue capacità, con grande affidabilità e costanza, per sé stesso e per i capitani.
Michael Woods (EF-Drapac), 7: Emozionante vittoria di testa, cuore e gambe per il canadese che ribadisce di essere un corridore capace di grandi imprese. Malgrado la forma non sembri delle migliori, suda e lotta fino al giorno di un successo che dà anche morale in vista Mondiale.
Jesus Herrada (Cofidis), 7: Due giorni in rosso anche per l’ex campione spagnolo, tra i più attivi nelle lunghe fughe. Non trova mai lo spunto vincente, facendosi comunque notare spesso e volentieri, anche dopo aver perso il simbolo del primato.
Franco Pellizotti (Bahrain-Merida), 7: 40 anni e non sentirli. Oppure, 40 anni e dimostrarli tutti per talento ed esperienza. Ognuno scelga la definizione più adatta per un corridore che in gruppo mancherà sicuramente, ai compagni in primis, ma tanto anche agli appassionati, non solo italiani.
Thomas De Gendt (Lotto Soudal), 7: Tra i massimi esperti nell’esercizio della fuga, il belga non riesce a portarne al termine alcuna, ma trova comunque il modo di farsi notare lottando con caparbietà per la maglia a pois azzurri, che conquista con tenacia, rinunciando ad altre ambizioni capendo probabilmente di non averne abbastanza.
Jelle Wallays (Lotto Soudal), 7: Non si vede praticamente mai, tranne nel giorno giusto. A grande sorpresa conquista una tappa dedicata ai velocisti resistendo fino alla fine con Sven Erik Bystrom (6,5), battuto con intelligenza in una volata beffa per il gruppo.
Rigoberto Uran (EF-Drapac), 6,5: Chiude settimo nella generale, ma in grande crescita, come dimostrano i piazzamenti delle ultime due frazioni. Poco appariscente, eppur concreto, nelle ultime frazioni guadagna posizioni alla Vuelta e quotazioni in ottica Mondiale.
Ion Izagirre (Bahrain-Merida), 6,5: Si vede poco e ci si aspettava sicuramente di più, ma tutto sommato ottiene il miglior risultato in carriera in un GT con un nono posto che non è da buttar via. Meno appariscente il fratello Gorka Izagirre (5,5), generoso al suo fianco.
Amanuel Ghebreigzabhier (Dimension Data), 6,5: Assieme al compagno e connazionale Merhawi Kudus (6,5), il giovane neoprofessionista eritreo si vede in fuga spesso e volentieri, con un settimo posto a Balcon de Bizkaia come miglior risultato. Classe 1994, per la sua prima grande esperienza il bottino è più che sufficiente per aver saputo dimostrare, oltre a buone gambe, anche personalità non indifferente.
Michal Kwiatkowski (Sky), 6,5: Tre giorni in rosso per il polacco che inizialmente sembrava poter anche ambire a qualcosa in più. Con il passare dei giorni si capisce che non ne ha abbastanza per giocarsi le posizioni di testa e perde regolarmente posizioni, scegliendo così di correre diversamente, alla caccia del successo di tappa. L’impresa non riesce, con l’ex iridato che sceglie anche di sacrificarsi per la squadra.
Davide Villella (Astana), 6,5: All’attacco quando possibile, al servizio della squadra quando necessario, il bergamasco conferma, assieme a uomini come Dario Cataldo (6,5) e Omar Fraile (6,5), la solidità e l’affiatamento della formazione kazaka capace di animare la corsa su più scenari.
Vincenzo Nibali (Bahrain-Merida), 6,5: Lo Squalo dello Stretto non ha i denti per mordere, ma in un’altalena di emozioni non smette di provarsi e provarci. Con il passare dei giorni migliora, seppur confermando di avere ancora bisogno di tempo e di chilometri. Il sogno Mondiale sembra ormai forse più una illusione, ma il campione è colui che sa trasformare e rendere possibile l’impossibile.
Luis Angel Maté (Cofidis), 6,5: Prende la maglia a pois nelle prime frazioni e prova a tenerla il più a lungo possibile, malgrado non sia certo uno degli scalatori di primo piano. Lotta come può, cercando di supplire con la testa dove la gamba non arriva.
Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), 6: Gli manca la fortuna e il giusto tempismo in alcune circostanze, specie nell’ultima tappa di montagna in cui spende tanto tra coloro che stan sospesi, ma la sua Vuelta resta di livello, generosa e concreta.
Wilco Kelderman (Team Sunweb), 6: In una stagione costellata dalla sfortuna anche questa Vuelta lo vede lontano dalle speranze e dalla forma migliore. Si pensava potesse ripetere l’exploit dello scorso anno, invece deve soffrire per un decimo posto finale comunque in crescendo.
Rafal Majka (Bora-hansgrohe), 6,5: Per un motivo o per l’altro ancora una volta non riesce a fare la classifica che meriterebbe, cercando con la fuga di centrare il bersaglio grosso. Lo sfiora, dimostrandosi generoso e combattivo, forse anche troppo, al termine di una corsa molto aggressiva che ne fa un corridore temibile anche in prospettiva iridata.
Tiesj Benoot (Lotto Soudal), 6: Nella settima tappa finisce rovinosamente a terra e da lì la sua corsa si fa difficile. Lo si vede dunque molto poco, scegliendo di continuare per accumulare chilometri, sacrificandosi per i compagni.
Giacomo Nizzolo (Trek-Segafredo), 6: Fa quel che può contro rivali di altissimo spessore, dimostrandosi presente e costante. Purtroppo mai abbastanza per vincere, ma di certo non per non averci provato.
Ilnur Zakarin (Katusha-Alpecin), 6: Una brutta caduta nella seconda tappa rischia di costringerlo al ritiro, ma lui stringe i denti e resta in corsa, sperando di riprendersi. Con il passare dei giorni va meglio e si getta all’attacco quando possibile, anche se il risultato poi non arriva.
Matteo Trentin (Mitchelton-Scott), 6: Ripetersi dopo la grande prova della passata stagione era quasi impossibile, soprattutto non avendo a disposizione la corazzata che aveva dodici mesi fa. Ci prova come può, anche se chiaramente non è così semplice senza il contributo di una squadra per la quale deve invece anche a sua volta spendere molto, mostrando spesso la sua maglia di campione europeo al servizio del leader. Prova anche ad attaccare in alcune circostanze, dimostrandosi corridore coraggioso e completo.
Simone Consonni (UAE Team Emirates), 6: Si fa trovare sempre pronto nelle poche occasioni utili per le route veloci. Alla sua prima grande occasione si conferma costante e preciso, anche se chiaramente davanti a lui ci sono big già affermati, ma i suoi piazzamenti sono di buon auspicio.
Richie Porte (BMC), 5,5: Al ritorno dopo il ritiro al Tour non si vede praticamente mai, se non con una velleitaria fuga in pianura e qualche timido tentativo in altre giornate. Mai realmente competitivo, neanche a cronometro, potrebbe forse anche nascondersi, anche se la sensazione è che la gamba non sia delle migliori.
Danny Van Poppel (LottoNL-Jumbo), 5,5: Più volte piazzato, prova a non far rimpiangere Groenewegen e, chiaramente, non è impresa semplice. Tutto sommato non se la cava male, ma non basta.
David De La Cruz (Sky), 5: Venuto con tutt’altre ambizioni dopo le buone prove delle passate stagioni, lo spagnolo sin dall’inizio non sembra brillantissimo. Prova a riscattare la sua corsa andando a caccia di un successo di tappa, ma non riesce nel suo obiettivo e non basta per salvare il bilancio.
George Bennett (LottoNL-Jumbo), 5: Dopo l’ottimo Giro si pensava potesse ripetere la buona prestazione. Inizia senza clamori, pur rimanendo a galla, fino tuttavia a sprofondare a metà corsa, senza più riemergere, né riuscire a dare un reale contributo alla causa della squadra.
Fabio Aru (UAE Team Emirates), 5: Arrivato con la speranza di riscattare la stagione, con il passare dei giorni mostra una condizione ancora molto lontana da quella desiderata. Stringe i denti come può finché può, ma con il passare dei giorni la situazione non sembra migliorare, fino poi alla tanto discussa caduta che sembra la mannaia sui suoi sogni iridati, restituendogli comunque tutto l’orgoglio e la dignità del Cavaliere ferito. Colpito e malato prova infatti una fuga quasi commovente, con la mente che cerca di dominare il corpo. E chissà che proprio questa dimostrazione di cuore non possa portargli anche un biglietto per Innsbruck
Davide Formolo (Bora-hansgrohe), 5: Lavora come e quando può per la squadra, provando anche a muoversi da lontano, ma da lui ci si aspettava probabilmente qualcosa in più, soprattutto con una maglia azzurra pendente. La generosità e il cuore ci sono, la gamba purtroppo in questa occasione è sembrata mancare un poco.
Emanuel Buchmann (Bora-hansgrohe), 5: Doveva essere l’uomo di punta della formazione tedesca, ma le sue ambizioni si affievoliscono e si spengono con il passare dei giorni, per un risultato finale deludente per lui e la squadra, che era pronta a sacrificargli tutto, anche i successi di Sagan.
Nairo Quintana (Movistar), 5: L’anno storto del colombiano continua con una Vuelta in cui lo si è atteso a lungo, fino a scoprire che non era assolutamente quello che due anni fa su queste strade domava i suoi grandi rivali. Ancora una volta attacca poi con orgoglio, di cui è sicuramente ben fornito, ma non può bastare per uno come lui, al quale il piazzamento non può certo bastare. Chissà che non sarebbe stato meglio dare qualche libertà in più ad un sempre disponibile Richard Carapaz (6,5).
Max Walscheid (Team Sunweb), 5: Mai nei neanche nei primi dieci, il velocista tedesco era al primo GT e doveva soprattuto fare esperienza, ma qualcosa in più era lecito aspettarselo.
Louis Meintjes (Dimension Data), 4,5: Non si vede praticamente mai, finendo lontano dai primi sin dalle prime salite. La caduta nella 14ª tappa non aiuta, per un altra corsa da dimenticare.
Daniel Martin (UAE Team Emirates), sv: Per lui questa Vuelta è soprattutto allenamento. Nelle prime tappe perde fino a sei minuti, per poi ritirarsi per tornare dalla moglie, incinta di due gemelli.
Matthias Brandle (Trek-Segafredo), 10: La sofferenza degli ultimi è spesso dedicata alla squadra, con tanto lavoro sporco e poco premiato a portare avanti il baraccone. Simbolo dei faticatori, l’austriaco è maglia nera di questa edizione, portando a termine la corsa dopo tre settimane durissime. E anche questa è una impresa.
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